Pensieri come pesci 2 – Il pesce al secchio e il secchio di pesci

Facile buttare il pesce al secchio? Non so. Forse, mah, chissa’.

Gettarlo perche’ puzza sembra una cosa assai semplice, ma soltanto a parole. C’e’ sempre quel senso di possesso che ci fa attaccare alle cose, rendendo impossibile quell’atto cosi’ semplice, e sovente liberatorio, di eliminare facilmente qualcosa. Un oggetto che ingombra il nostro spazio interiore, lo “arreda”, lo riempie. L’accaparramento, il bisogno primordiale di possedere, spesso e volentieri fanno da freno a qualsiasi slancio, al salto di qualita’ (e di prospettiva) che potrebbero condurre a chissa’ quali livelli di benessere e soddisfazione.

Riuscendo a vedere le cose da una prospettiva diversa, in certi casi una passeggiata ad “alta quota” e’ consigliabile, se non addirittura inderogabile, si potrebbe cogliere quell’armonia che circonda ogni condizione, ogni stato, ogni emozione.

E invece eccoci qui, compenetrati nelle nostre soggettive posizioni, aggrappati alle nostre convinzioni, a cio’ che crediamo di aver capito, ai pre-giudizi, ai pre-concetti, pre-occupandoci, invece di occuparci.

Oggi va di moda lo space-clearing, il ripulire lo spazio fisico, perche’ ripulendo lo spazio fisico otteniamo il vantaggio secondario di ripulire il nostro armadio dagli scheletri che abbiamo accumulato nel tempo. Buttare via, non trattenere, lasciar andare tutto quel che ci ancora a una realta’ che non siamo piu’ in grado di sostenere.

Ma ci sono i pesci.

I pesci sono l’oggetto piu’ intimo del nostro essere. Per arrivare a buttare un pesce ne dovremmo percepire il profondo marciume, l’olezzo stantio che emana, l’effluvio putrescente che soffoca l’aria. Il piu’ delle volte non e’ cosi’: non percepiamo proprio niente. Siamo cosi’ abituati alla puzza che non ci accorgiamo delle tossine in cui siamo immersi.

E poi, diciamocelo: sotto sotto siamo affezionati ai nostri pesci. Un pesce e’ un compagno col quale svegliarsi al mattino e andare a letto la sera. Con un pesce non si e’ mai soli!

Figuriamoci poi, come nel mio caso, quando di pesci me ne porto dietro un branco e ben raramente mi libero di qualcuno. Sono sempre pronta a dare asilo ad un pesce nuovo, e con molta, moltissima difficolta’ ne mando qualcuno per la sua strada. Anche quando le circostanze di vita ci separano, li porto con me, nella memoria, nelle emozioni, nell’anima o sulla pelle.

Ancora oggi, decenni dopo, mi rammarico di qualcosa che e’ accaduto, di fatti, situazioni, dialoghi che avrei voluto condurre in modo diverso, sentimenti che non avrei voluto provare, gomitoli di sensazioni da dipanare. Per molto, troppo, tempo, li ho chiusi in un recesso della mente (e del cuore) e loro sono stati li’: silenti.

Ora basta, voglio dar loro voce, una sanatoria dell’anima che esploda come un urlo, un grido, un canto, una melodia.

Quindi, per ora, niente pesce al secchio. Il pesce si tiene in dispensa, si guarda la data di scadenza, si bada a consumarlo prima di quella data, e soprattutto gli si riconosce il grado di esistenza e di vita.

Come si evince, anche quando vuoi buttare il pesce al secchio, ti ritrovi con un secchio di pesci, e ti tocca dar loro ascolto!

Sara’ il caso di procurarsi un ricettario.

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